Ieri ho fatto due conti di inizio anno con la mia commercialista, cosa che chi lavora da qualche anno fa regolarmente per non trovarsi a giugno con l'acqua alla gola (quindi faccio una premessa: questo post è per chi inizia o pensa di iniziare e i calcoli si riferiscono al regime ordinario, a cui si dovrebbe aspirare dopo qualche anno in attività).
Durante le vacanze di Natale, armata di grande entusiasmo, ho letto dei libri di marketing per traduttori, mi sono iscritta a un corso, ho pianificato, calendarizzato, fatto ricerca...insomma, mi sono preparata al 2017 con un obiettivo economico in testa. Espongo alla mia commercialista il mio obiettivo netto, e la risposta è: se questo è il netto che vuoi, devi considerare: 1) i costi (metti un 20-30%) 2) il 27,72% di INPS 3) e le tasse (IRPEF e addizionali varie, con scaglioni che vanno dal 23 al 38% in base al reddito) Quindi: per avere, per esempio, 1000 € netti al mese deve fatturarne circa 44.000 all'anno (per spiegazioni da commercialista leggi qui). Se ne vuoi di più, ti lascio fare i conti. 0_0 Ora, questa non è una pura e semplice lamentatio. Vuole essere una riflessione su alcuni aspetti della vita da freelance di cui chi inizia spesso non tiene conto e una (magra) consolazione: 1) l'INPS non è del tutto catastrofica perché la recuperi e comunque sono contributi previdenziali (ok, non sapremo se e quando ci andremo in pensione, ma quello è lo scopo) 2) i costi, se fossi dipendente, dovresti sostenerli comunque senza poterli scaricare (anche se non tutto si scarica) 3) entrambi contribuiscono ad abbassarti l'imponibile (di conseguenza le tasse). Ridurre i costi ha senso? No, tanto li spendi lo stesso in tasse. Meglio spendere e avere un servizio in più, un computer migliore.... Lamentarsi ha senso? Ieri sera ho cercato spunti online. Ho trovato questo post di Alessandra Farabegoli che fornisce un'utile risorsa per calcolare il proprio compenso orario e giornaliero, e che in sostanza si scaglia contro le lamentele demagogiche dei freelance schiacciati dal peso delle tasse che, secondo lei, in realtà non sanno fare il proprio mestiere né i conti. In parte le dò ragione. Essere professionisti è un cammino lungo, molto più lungo di quello che si pensa, difficile, perché nessuno ti assume per i tuoi anni di studio, ma per quanto sei abile a venderti, a negoziare, a far percepire al cliente il valore aggiunto che apporti al suo progetto, al saper fare qualcosa davvero bene, e a trovare qualcuno che voglia pagare per ciò che sai fare. Ed è vero, nel 2017 "non me l'hanno spiegato a scuola" non è una scusa. Insomma, alla fin fine è selezione naturale e sul campo restano i migliori. Però. Ritengo anche che la pressione fiscale e previdenziale, specie per chi è in gestione separata, sia davvero schiacciante. Non te ne accorgi perché i soldi che girano sul tuo conto sono di più del netto effettivamente disponibile su base mensile. Quindi, dato che espatriare non è l'unica soluzione, occorre pensare oltre al vile denaro. Alla fine, la mia consolazione, di fronte alla cifre, è che: 1) si può migliorare, sapendo realisticamente che non è una passeggiata 2) a parità di "stipendio", un dipendente ha vincoli di orario che non gli permettono di godersi la sua famiglia o di gestire il proprio tempo, per esempio. E non ha nemmeno voce in capitolo sulle decisioni aziendali, cosa non da poco. Forse da soli questi aspetti bastano a motivarsi a studiare e a diventare "the best" non solo per offrire qualcosa al cliente o fare soldi, ma soprattutto per noi stessi, perché almeno facciamo un lavoro che ci piace, ci stimola, ci appassiona. Concludo con alcune idee sull'argomento: come difendersi dai non pagatori di Eleonora Cadelli 7 modi per guadagnare di più da Hubspot 2 semplici regole per sopravvivere alle tasse Colleghi all'ascolto, che ne pensate?
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