Ammalarsi lontano da casa non è mai piacevole. Se a questo poi si aggiungono le complicazioni burocratiche.... Vediamo cosa dovete tradurre nel caso di malattia contratta all'estero durante un soggiorno di lavoro. Dal sito della CGIL ecco utili informazioni. Bisogna innanzitutto distinguere tra: 1. malattie durante un temporaneo soggiorno all'estero insorte nei confronti di lavoratori occupati in Italia; 2. malattie insorte nei confronti di lavoratori occupati in paesi appartenenti all'Unione Europea o in Paesi convenzionati con l'Italia; 3. malattie insorte nei confronti di lavoratori occupati all'estero in Paesi non convenzionati con l'Italia; All'interno di questa casistica occorre fare attenzione al significato da attribuire all'espressione "soggiorno all'estero". Infatti la malattia potrebbe manifestarsi, derivandone una diversa modalità di certificazione, sia in un Paese UE o extracomunitario convenzionato oppure in un Paese extracomunitario non convenzionato. 1) Malattie durante un temporaneo soggiorno all'estero insorte nei confronti di lavoratori occupati in Italia. Il lavoratore deve provvedere a inviare al proprio datore di lavoro e all'INPS, nel termine ordinario di 2 giorni, la certificazione medica rilasciata all'estero. In questo caso non è necessaria alcuna traduzione del certificato rilasciato in lingua italiana, ma sarà la sede INPS competente a provvedere a questa operazione. 2) Malattie insorte nei confronti di lavoratori occupati in paesi appartenenti all'Unione Europea o in Paesi convenzionati con l'Italia. La certificazione necessita, ai fini del riconoscimento dell'indennità, deve essere legalizzata a cura della rappresentanza diplomatica o consolare italiana operante nel territorio estero. La necessità della "legalizzazione" viene meno qualora l'Ambasciata o il Consolato incarichino un medico di propria fiducia di esaminare i certificati medici prodotti. Detti medici accertano la veridicità del certificato (e possono anche sottoporre a visita l'interessato) e, in casi di riscontro positivo, consegnano ai lavoratori la certificazione "originale" convalidata oppure redigono una nuova certificazione in lingua italiana (in sostituzione del primo certificato prodotto). Sono altresì esenti dalla legalizzazione, a condizione che rechino l'apostille, gli atti e i documenti rilasciati dagli Stati aderenti alla Convenzione dell'Aja. Ciò posto, il lavoratore provvede comunque entro il termine ordinario di 2 giorni dal rilascio a inviare una copia della certificazione al datore di lavoro e all'INPS e successivamente farà pervenire l'originale "legalizzato" della documentazione. 3) Lavoratori occupati in Paesi appartenenti all'Unione Europea o in Paesi convenzionati con l'Italia I lavoratori comunitari, cittadini degli altri Stati membri dell'Ue (Italia, Germania, Francia, Lussemburgo, Olanda, Belgio, Regno Unito, Irlanda, Austria, Spagna, Portogallo, Grecia, Danimarca, Svezia, Finlandia, Polonia, Slovacchia,Repubblica Ceca, Slovenia,Ungheria, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta e Cipro, Romania e Bulgaria), sono considerati lavoratori nazionali. L'assicurato, nel caso in esame, deve presentare all'Istituzione estera, entro 3 giorni dall'inizio dell'inabilità, idonea certificazione di malattia e deve essere munito della Tessera europea assicurazione malattia (che ha sostituito il formulario E111). Sarà poi l'istituzione estera che provvederà a trasmettere all'INPS la documentazione medica acquisita, compresi gli esiti dei controlli eventualmente effettuati. L'onere della traduzione del certificato grava sulla sede INPS che riceve la certificazione medica in lingua originaria. Ferma restando la suddetta procedura di invio, qualora il lavoratore sia occupato in Paesi convenzionati o che hanno stipulato un accordo bilaterale con l'Italia, il certificato rilasciato dal medico o dalla struttura sanitaria straniera è in tutto e per tutto equiparato a quello nazionale e deve essere inviato senza necessità di traduzioni o legalizzazioni particolari, a condizione che tale obbligo sia espressamente escluso dalla convenzione o accordo bilaterale. I Paesi in questione sono: - quelli extra UE con i quali sono stati stipulati Accordi che prevedono l'applicazione della disciplina comunitaria (Islanda, Norvegia e Liechtenstein (in base all'Accordo See), Svizzera (in base all'Accordo sulla libera circolazione tra CH e UE) e Turchia (in applicazione alla ConvenzioneEuropea di sicurezza sociale); - extra Ue con i quali sono state stipulate Convenzioni estese all'assicurazione per malattia (Argentina, Bosnia Erzegovina, Brasile, Croazia,Jersey e Isole del Canale,Macedonia, Principato di Monaco,Repubblica di San Marino, Stato di Serbia e Montenegro, Tunisia,Uruguay e Venezuela). Sono esenti da legalizzazione, a condizione che rechino l'"apostille", gli atti e i documenti degli Stati aderenti alla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961. Lavoratori occupati all'estero in Paesi non convenzionati con l'Italia Il lavoratore occupato in Paesi extracomunitari con i quali non vigono accordi di sicurezza sociale, che si ammala durante lo svolgimento di lavoro all'estero, deve trasmettere il certificato, entro 5 giorni dal rilascio, al proprio datore di lavoro; il certificato di diagnosi deve essere inviato alla rappresentanza diplomatica o consolare presente nel territorio estero, la quale provvede ad apporre un timbro al suo arrivo e ad inviare a favore dell'INPS in Italia dopo aver provveduto alla sua traduzione in lingua italiana e alla sua "legalizzazione".
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